Prima di spiegare come adottare strategie Data Driven grazie all’IoT, è fondamentale spiegare il concetto di Data Driven. Dietro il vago sapore fantascientifico dell’espressione “Data Driven” si cela un concetto molto semplice: la realtà fisica – e nel caso di un’azienda i macchinari, le strutture e i processi produttivi – può essere descritta in termini di dati. Soprattutto può essere osservata e modificata a partire dalle informazioni che si ricavano elaborando questi input. Si crea, in altre parole, una rappresentazione digitalizzata dei componenti che si vogliono studiare. Si agisce sul cosiddetto “digital twin”, verificando in che modo l’inserimento di nuove variabili o l’evoluzione di determinati elementi impatti sull’ecosistema e sull’output finale.
In questo modo si ha la libertà di sperimentare, di vagliare ipotesi e anche di correggere in corsa implementazioni di upgrade particolarmente delicati. Inoltre si può monitorare il consumo energetico, con la possibilità di ottimizzarlo. Senza contare la possibilità, sfruttando le tecnologie di machine learning, di arrivare pian piano ad avviare vere e proprie procedure di manutenzione predittiva, attraverso le quali sono gli applicativi stessi ad avvisare gli utenti di possibili malfunzionamenti o fermi macchina prima ancora che si manifesti qualsiasi segnale di criticità. Ecco, questa è l’adozione di una strategia “Data Driven”. Ma da dove si parte per arrivare a tutto ciò?
Trasformare il caos informativo in un patrimonio sistematizzato
Una strategia “Data Driven” ha per definizione bisogno di essere impostata sulla raccolta e sull’analisi dei dati che arrivano dagli asset aziendali. In qualche modo è necessario permettere agli oggetti di esprimersi e di farlo con un linguaggio comune, uno standard di comunicazione trasversale che possa essere assimilato, compreso ed elaborato dalle piattaforme analitiche. Molte macchine, infatti, inviano già enormi quantità di dati che descrivono il proprio funzionamento, le proprie performance e il proprio stato di salute. Il problema è che la maggior parte di queste informazioni viene dissipata, oppure viene immagazzinata in registri diversi, spesso non in comunicazione tra loro.
È anche vero che moltissimi di questi input sono ridondanti, contengono cioè dati non utili ai fini dell’analisi. È per questo che occorre prima di ogni altra cosa adottare una piattaforma IoT (Internet of Things), che trasformi il caos informativo generato dai sensori applicati agli oggetti in un patrimonio sistematizzato e facilmente accessibile dalle applicazioni analitiche. Le quali poi tradurranno le evidenze in suggerimenti utili per i decisori di business.
Generare nuovo valore e vantaggio competitivo grazie all’IoT
Una rete di oggetti in grado di condividere e scambiare informazioni, comunicandole al sistema centrale, rivoluziona il modo stesso di concepire l’impresa. Gli asset aziendali non vengono più considerati come semplici macchine e strutture con tempi di operatività predefiniti dai cicli di produzione e dalle operazioni di manutenzione ordinaria: si trasformano in veri e propri servizi che definiscono la capacità produttiva dell’azienda; servizi gestibili in funzione delle esigenze dei clienti e dell’effettivo carico di lavoro a cui è chiamata l’organizzazione. È evidente che anche gli obiettivi, le strategie e i modelli di business dell’impresa assumono una fisionomia del tutto diversa. Diventa, infatti, possibile proporre ai clienti offerte differenziate sulla base delle priorità assegnate a determinati cicli produttivi, generando valore aggiunto per ciascun lotto da realizzare.
Si può anche andare oltre ed estendere l’IoT ai prodotti che escono dalla linea di montaggio. Nel momento in cui la casa madre riceve i dati che tracciano l’intero ciclo di vita di ciascuna referenza, ha la facoltà di elaborarli per monitorare o addirittura prevedere rotture e malfunzionamenti, in modo da intervenire in maniera tempestiva o avvisare i clienti. Un approccio del tutto nuovo per differenziarsi sul mercato e guadagnare vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti che fanno affidamento su prassi tradizionali.
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